Ragazzi di Stadio | Italia (1980)
«Ragazzi di Stadio è il titolo della doppia fatica
(cortometraggio e libro fotografico) realizzata da Daniele Segre sul finire
degli anni Settanta. Chi conosce Segre sa bene quanto i suoi lavori siano
"socialmente impegnati", preoccupati cioè di scavare e scovare quelle
parti di quotidianità in ombra, dimenticate o comunque poco considerate da
grandi media.
Gli ultras erano, in quegli anni, degli "sconosciuti" a
tutti gli effetti, o per meglio dire rappresentavano una realtà ancora in via
di radicamento che, agli occhi dell'opinione pubblica, assumeva visibilità ed
attirava attenzione solo con al verificarsi di atti di violenza e teppismo
(cosa in verità che non è di molto diversa da oggi...).
Il valore dell'opera di Segre, quindi, sta proprio
nell'essere stata, di fatto, il primo tentativo di andare a conoscere e capire
chi fossero quei ragazzi che dentro lo stadio, gli stadi, si stavano pian piano
conquistandosi un ruolo di protagonisti. Ragazzi di stadio, parallelo sportivo
dei Ragazzi di vita di pasoliniana memoria, forse: i protagonisti sono gli
ultrà del Toro e della Juve, intervistati individualmente o a piccoli gruppi.
Segre li stimola, con garbo e tenacia, al racconto delle loro esistenze, delle
difficoltà che quotidianamente incontrano a scuola o al lavoro, sempre che non
abbiano imboccato altre strade...
L'essere tifoso, anzi ultras, resta spesso
sullo sfondo, per poi assumere importanza e significati quando si capisce, o si
cerca di far capire, perché questo nuovo modo di vivere la passione calcistica
diventa un vero e proprio rifugio comunitario, dove viene cercato un mondo a
misura dei propri desideri e delle proprie esigenze di giovani.
Non è casuale,
infatti, se si intravede una sorta di metaforica staffetta nel mondo giovanile,
dove il testimone passa dalla politica (che, pur contando ancora molto in
quegli anni, comincia la fase del cosiddetto riflusso) ad altre culture
giovanili, quella ultrà nel caso specifico. Così, per esempio, i muri delle
città non sono più monopolio solo degli slogan politici ma cominciano a
raccogliere messaggi di matrice ultras. [...]
Dirà qualche anno dopo Segre, ricordando quell'esperienza:
"Mi sono trovato imbarazzato, consapevole e nello stesso tempo testimone
della grande solitudine di tanti ragazzi, che non trovano altra via per uscire
dall'anonimato".
Forse è questo quello che più accomuna gli ultras nei
loro primi trent'anni di vita: laddove la società non ha saputo dare altri
punti di riferimento, i giovani se li sono tenacemente conquistati e difesi
nelle curve degli stadi»
tratto da www.sportpeople.net, 6.12.2003.
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